La passione per l’arte spesso è guida per la scelta della meta di un viaggio e chi ama Maria Lai non può non navigare verso la Sardegna e raggiungere la montagna di Ulassai e Maria Lai. Perché sì la montagna in qualche modo è un pò sua.
Nel 2019 il Maxxi di Roma, ha dedicato a questa grande artista una personale, in occasione del centenario della nascita, dal titolo “Tenendo per mano il sole”. E’ il titolo della prima fiaba cucita realizzata dall’artista, lavoro che mette insieme gli elementi tipici della ricerca della Lai: la poesia, il linguaggio e la parola, le tradizioni locali come la tessitura, le sue geografie evocate dal sole, la sua vocazione pedagogica.
La storia e gli interventi di Maria Lai emozionano così tanto che prima o poi avrete il desiderio di visitare i luoghi della sua infanzia, Ulassai, in cui Maria Lai è tornata da grande per dar vita alla grande performance collettiva “Legarsi alla Montagna” che ha segnato l’inizio dell’Arte relazionale.
Spingetevi nell’entroterra della Sardegna. Sarà una grande scoperta.

Scomparsa nel 2013, Maria Lai è considerata la più celebre artista sarda contemporanea. Nacque ad Ulassai nel 1919 e passò la sua infanzia con gli zii in campagna, vivendo libera e serena. “Ero analfabeta ma piena di favole”. A 9 anni si trasferisce a Cagliari dove inizia le scuole e incontra Salvatore Cambuso, che scopre il suo talento e la sua indole artistica.
Chi è Maria Lai
Nel ’39 frequenta il Liceo Artistico a Roma, e finiti gli studi si trasferisce prima a Verona e poi a Venezia dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Qui fa un altro incontro importante, quello con lo scultore Arturo Martini. Nel ’45 torna in Sardegna per insegnare disegno nelle scuole elementari di Cagliari. Poi torna a Roma, dove tiene le sue prime personali. Ma è quando ritorna alla sua terra d’origine che nascono i progetti dei telai, delle geografie, i famosi Libri cuciti e i primi interventi sul paesaggio.
“Quando mi sono ritrovata fuori dal mondo dell’arte, che ho rifiutato, ho ricominciato a giocare, come quando ero bambina, con tutti i materiali a portata di mano“
Maria Lai ha continuato a creare le sue opere fatte di pane e telai, ago e filo, terracotta e ceramiche, utilizzando materiali e tecniche della vita quotidiana e del lavoro domestico, delle tradizioni della sua terra. Lo ha fatto fino alla fine, nel 2013, da ultranovantenne con lo spirito e lo stupore di una bambina.
Sulle tracce di Maria Lai
Se volete conoscere di più su questa grande artista non perdete il meraviglioso documentario Sulle tracce di Maria Lai di Maddalena Bregani, “Miglior documentario inedito” della terza edizione di Extra Doc Festival. Di seguito il trailer inedito, realizzato per exibart.
La poetica di Maria Lai
Quello che colpisce subito di questa grande artista è la facilità di arrivare dritta con il suo messaggio e la sua poetica. E lo riesce a fare con una semplicità disarmante, come lo era il segno di Mirò. Nelle sue opere si riflette molto la dialettica territoriale tra isola e continente, ed è sempre presente la correlazione psicologica tra l’arte e il gioco. L’immaginazione, il gioco, la condivisione e l’incontro. Questi sono gli elementi che si ritrovano nelle opere di Maria Lai.
Legarsi alla Montagna
Come già ricordato, tra tutti gli interventi realizzati, il più famoso è sicuramente Legarsi alla montagna. Parliamo del 1981, pensiamo a quanto fosse veramente all’avanguardia. Con questa operazione corale la Lai anticipa i temi e i metodi di ciò che solamente nel 1998 fu definita, dal critico d’arte Nicolas Bourriaud, “arte relazionale”. Fino ad allora infatti le performance e le Operazioni sul Territorio, degli anni Sessanta e Settanta, avevano sì invaso luoghi non convenzionali per l’arte, ma si parlava sempre dell’azione dell’artista. A Ulassai l’autore della performance è stato un Paese intero, e la Lai ha portato all’attenzione vent’anni fa temi oggi molto attuali come il rapporto tra spazio fisico, luogo e comunità. E lo ha fatto ad Ulassai che era un paese scosso da rivalità e tensioni interne, dove gli abitanti erano sempre in allarme per alluvioni e frane.
La performance di Maria Lai ad Ulassai
Durante la performance Maria Lai annodò, non metaforicamente ma letteralmente parlando, tutto il paese, un’intera comunità e questa alla sua montagna. Gli fu affidato un incarico per realizzare un monumento ai caduti, ma lei si rifiutò e rilancio con l’idea di un “monumento ai vivi”. Così l’8 settembre del 1981 avvenne un evento unico che durò tre giorni. Protagonista fu un nastro azzurro lungo 27 km. Il primo giorno fu tagliato, quello successivo fu distribuito alla sua gente e l’ultimo, fu legato fra porte, finestre, balconi e, grazie a scalatori esperti, fino al Monte Gedili, il monte più alto che sovrasta il paese, che nella memoria collettiva è stato anche portatore di morte.
L’operazione si ispira ad un fatto realmente accaduto nel 1986. Quando crollò un costone dalla montagna su un’abitazione, tre bambine morirono, tranne una che aveva in mano un nastro azzurro. Da qui nacque la leggenda sarda che si tramanda di generazione in generazione: per inseguire un filo azzurro che volava in cielo tra i fulmini, una bambina esce della grotta poco prima del crollo.
Questo nastro anni dopo ridisegna un nuovo spazio, uno spazio di relazioni, vecchie e nuove, fra donne, bambini, pastori e anziani. I nodi o l’assenza di nodi simboleggiavano il tipo di relazioni.
“Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino. E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto nel rispetto delle parti, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era un legame d’amore veniva fatto un fiocco e al nastro legati anche dei pani tipici detti su pani pintau”
La televisione parlò di una particolare festa di paese, i circuiti di arte nazionale di una grande festa folcloristica. Dopo venti anni maturò che quella fu la prima operazione di Arte Relazionale.

Ulassai e la magia dei tacchi della sua Montagna
Incastonato a quasi 800 metri d’altezza fra tacchi calcarei, nell’Ogliastra più interna, sorge Ulassai, un luogo non solo da visitare ma da assaporare. Il mio incanto per Maria Lai mi ha portato qui, e qui ho vissuto due giorni memorabili in cui ho stretto dei legami, ho fatto degli incontri. Era scritto, non poteva che succedere qui.
Quando si arriva in questo paese la visione dei famosi “tacchi” ti cattura immediatamente. Questi massicci rocciosi di origine calcarea infatti si ergono a picco raggiungendo altezze vertiginose. E subito potrete incontrare con lo sguardo free climbing e funamboli che arrivano qui da tutta Europa. Mi hanno raccontato che molti stranieri hanno comprato casa qui per allenarsi.

Scoprire Maria Lai e Ulassai, cosa vedere
Per comprende e “sentire” la poetica di Maria Lai dovete venire ad Ulassai. Tutto quello che c’è da vedere per capire a fondo questa artista e il suo intenso e proficuo legame con il territorio.
Stazione dell’Arte a Ulassai
Partite da La Stazione dell’Arte di Maria Lai, il museo d’arte contemporanea dedicato all’opera dell’artista, per conoscere di più sull’artista. Nel 2004 Maria donò al suo paese oltre 140 opere tra le più significative. L’amministrazione comunale decise così di realizzare una struttura ad hoc che potesse accogliere la donazione. La scelta del luogo cadde sui locali dell’ex stazione ferroviaria, a valle del paese e in disuso da oltre 50 anni. Una scelta insolita ma che ben si presta al lavoro e al pensiero della Lai, che con le sue opere invita a riscoprire e valorizzare il nostro vissuto. E poi le stazioni sono i luoghi degli incontri, delle partenze, delle relazioni, i luoghi dove si svolgono e si intrecciano i rapporti umani.
Un nuovo allestimento dal titolo Fame d’Infinito che ricostruisce l’esperienza creativa della Lai. La Stazione dell’Arte non è solo un museo ma è uno spazio vivo che ospita incontri, altri artisti, laboratori. L’arte deve avvicinarsi alla gente, questo era il pensiero della Lai. La Lai negli anni ha continuato a realizzare opere per gli spazi esterni, come il grande telaio in acciaio posto sul portale di uno degli stabili del museo (Telaio del vento, 2007).


Il Museo a cielo aperto Maria Lai
Il secondo luogo dove potersi immergersi nell’arte di Maria Lai è il suo paese, le sue vie, la sua campagna, la sua foresta.
«La grande arte è quella che arriva alla gente che cammina per strada»
Ritirate la mappa presso La stazione dell’Arte per scoprire i vari interventi disseminati nel centro abitato di Ulassai e perfettamente fusi con il territorio e la natura. Così potrete cogliere quanto profondo e proficuo sia stato il legame tra l’artista e il suo territorio di origine. Questo è il vero modo di conoscere Maria Lai.
Dalla Stazione dell’arte dirigetevi verso il Paese.
La Prima opera che vedrete è “Le capre cucite“, lungo il muro che porta alla Cooperativa Tessile. Fate una tappa qui per vedere le donne che lavorano da oltre 30 anni i telai, per realizzare meravigliosi prodotti con i motivi sardi e motivi originali creati con la collaborazione della stessa Lai.
Le opere di Maria Lai nel paese di Ulassai
Continuate verso il centro e lasciate l’auto in Piazza Barigau. Vedrete immediatamente “Il Volo del Gioco dell’Oca“. L’opera si compone di due interventi. Il primo realizzato sulla facciata della scuola materna e composto da un itinerario ludico e didattico con le illustrazioni della filastrocca ideata dalla Lai. Il secondo si trova sulla pavimentazione della piazza e riproduce le tredici caselle del gioco classico.
Dalla piazza perdetevi nei vicoli e andate alla ricerca dei “Libretti murati”, tredici libri di terracotta che propongono alcuni aforismi della Lai e che si trovano nella via più antica del paese.
Raggiungete il piazzale delle scuole elementari per vedere la grande Lavagna quadrettata con la scritta “L’arte ci prende per mano“, un manifesto della poetica della Lai. L’arte, come una maestra che tende la mano ai bambini impauriti, ci accompagna nella crescita.

La tappa successiva ci porta alla Chiesa di Sant’Antioco per ammirare la “Via Crucis” realizzata dalla Lai. Quattordici stele alte e strette caratterizzate da un’intensità di narrazione e dal tratto elegante. La via dolorosa è rappresentata tramite un filo bianco che disegna i personaggi su uno sfondo nero.
L’antico Lavatoio di Ulassai
Poco più avanti finalmente ammiriamo l’antico Lavatoio comunale di Ulassai. E’ senz’altro uno degli interventi più rappresentativi del lavoro di riqualificazione di uno spazio del vissuto dei cittadini. Il luogo di incontro delle donne del paese. Avanzò del budget dall’operazione “Legarsi alla Montagna” e così i cittadini, insieme alla Lai, decisero di destinare i fondi per sistemare il lavatoio. La Lai a lavori ultimati realizzò, con l’aiuto dei cittadini, il “Telaio-Soffitto” per rendere più armonioso l’ambiente. Negli anni altri artisti furono invitati a partecipare alla valorizzazione del lavatoio. Luigi Veronesi realizzò il mosaico esterno “La fontana della sorgente”, mentre Costantino Nivola costruì “La fontana sonora”. Un secondo mosaico fu realizzato da Guido Strazza, “La fontana del Grano“.

Dal Lavatoio un cartello stradale di Ulassai colpirà la vostra attenzione. Si tratta di un’opera di Marcello Maloberti realizzata in occasione della mostra al Maxxi. Il cartello è stato protagonista di una performance in cui due addetti alla sicurezza intenti a sorreggere il cartello segnavano l’entrata alla mostra. Un ponte tra Ulassai e Roma, un gesto metaforico per rappresentare la presenza di un’intera comunità, che non guarda più con diffidenza all’arte della Lai ma la sostiene. “Cuore Mio”, il titolo dell’opera, è il titolo di un racconto di Cambosu, in cui la protagonista si trasforma in pietra per salvare il suo bambino. Il cartello è installato come una bandiera, ad indicare l’inizio di un altro paese sospeso tra cielo e terra.

Le opere fuori dal centro del Paese
Per ammirare le altre opere riprendiamo l’auto e ci dirigiamo a vedere “La strada del Rito”. Lungo la via percorsa dai pellegrini durante la festa di Santa Barbara, la Lai dispose a distanza di circa 7 km sui muri di cemento forme di pesci, uccelli e pani di evangelica memoria.
Riprendiamo la strada e seguiamo il percorso che ci porta verso le grotte su Marmuri. Passeremo lì dove è stata realizzata la performance “Legarsi alla montagna”.
Andando avanti, immersa nel paesaggio boschivo, troviamo “La grande Scarpata”. Come una grande pagina che racconta la storia del mondo, dalla pietra alle stelle. In alto una specie di radar d’acciaio cattura il sole e regala riflessi di luce visibili dal paese, che segnano, come una meridiana, il passare del tempo.

Accanto troviamo “La casa delle inquietudini”, dove la Lai crea mostri neri sulle pareti esterne ed interne di un brutto edificio che riacquista significato: un totem delle inquietudine della comunità.
Proseguendo la strada potete provare a leggere qualche citazione tratta da Miele Amaro di Cambosu o qualche riflessione della Lai, che l’artista incise sul cemento ancora fresco dei muri. Quest’opera conosciuta come “Il muro del groviglio” sarà presto restaurata.

Le opere del Museo a Cielo Aperto fuori da Ulassai
Per ammirare le ultime opere dobbiamo uscire da Ulassai.
Verso la strada per Perdas, proprio all’uscita del paese, troviamo “Il Pastorello mattiniero con capretto”, realizzato su un muro di contenimento è un preambolo de “La casa delle inquietudini”.
Dobbiamo percorrere circa 10 km per raggiungere il Parco Eolico di Ulassai, per ammirare “La cattura dell’ala del vento”. Un parallelepipedo come nucleo centrale (come in Odissea nello Spazio) da cui parte una ripetizione del volto del dio dei venti.
Adesso sto tentando un’opera per l’eolico. Sono i fiori del cielo. Sapevo che avevano creato tanti conflitti e mi hanno proposto di fare un’opera, ho ideato di fare i quattro venti.
E così con il vento ho lasciato Ulassai con il cuore più pieno.
Dove dormire e mangiare ad Ulassai
Hotel Scala San Giorgio senza ombra di dubbio. Nuovo, immerso nel bosco ed un ristorante tradizionale e raffinato. Ospitalità fuori dal comune.

Cosa comprare ad Ulassai
Portate via con voi una capretta di Maria Lai presso la Cooperativa tessile. Maria Lai regalò alle donne il motivo della Capretta, oggi una delle più famose icone che rappresentano i tessuti della cooperativa.
Prendete un libro, un catalogo, il documentario su “Legarsi alla montagna” presso il bookshop del museo.