Le nuvole erano basse, la strada procedeva sempre più stretta, le verdi montagne ci avvolgevano. La vallata era costellata di rosso, il rosso delle fragole che qui crescono fino a 1800 metri. Torrenti, ruscelli, cascate. Il lago si aprì alla nostra vista, travolgendola. Arrivammo all’inizio del sentiero di gola Plima in Val Martello, il cielo era minaccioso ma l’avventura ebbe inizio.

Nel Parco Nazionale dello Stelvio si trova la Val Martello, una delle più belle valli laterali di tutta la Val Venosta. Con la sua forma allungata, si estende da 950 m fino al ghiacciaio del Cevedale a 3.769 m. Qui i paesaggi sono incontaminati. L’aria salubre di montagna riempie i polmoni. In nessun altro luogo è così evidente lo stretto legame tra l’uomo e la terra in cui vive. E’ la popolazione che si è adattata alla natura, trasformando l’ambiente con rispetto, rendendola la valle della pace e della tranquillità. Un progetto architettonico perfettamente integrato nel paesaggio, è il punto di accesso a un percorso per l’anima: il sentiero di gola Plima in Val Martello.
Da Coldrano alle gole del Plima, attraversando il cuore della Val Martello
A poca distanza da Laces, capoluogo della Val Venosta famoso per i suoi meleti che lo incorniciano, si trova la frazione di Coldrano, un luogo idilliaco con solo 910 abitanti. Il suo nome richiama, secondo la tradizione, le “fosse d’oro” sotto le rovine del casale di montagna Laggar. Coldrano è famosa per il suo Castello, raro esempio di edificio rinascimentale dell’Alto Adige, e per la sua spettacolare vegetazione, punto di partenza ideale per diverse escursioni panoramiche. E proprio da Coldrano parte la strada che si addentra nel cuore della Val Martello.
Le piantagioni di fragole, si alternano a piccoli masi con allevamenti di lama e asini. Intorno le montagne regalano uno spettacolo fiabesco con le cascate che rigogliose ne accarezzano i pendii.




Poi all’improvviso un enorme specchio d’acqua: il lago artificiale di Gioveretto e la sua diga. Il lago produce energia elettrica per la centrale a Lasa. La valle è infatti particolarmente ricca di corsi d’acqua, il maggiore dei quali è appunto il Rio Plima, a cui si aggiungono gli affluenti Flim, Soi, Sluder e Rosim. Le loro acque sono convogliate, attraverso un complesso sistema di condotte fino alla finestra 1, da lì si immettono nella galleria di derivazione principale dell’impianto. Se il gruppo è in servizio l’acqua viene turbinata, altrimenti si immette nel bacino del Gioveretto. Tutto intorno il crinale del Gruppo Ortles-Cevedale.




Dal lago la strada segue sinuose curve in mezzo al bosco che si fa sempre più fitto, fino ad arrivare al parcheggio alla fine della valle. Da qui diversi sentieri portano in luoghi remoti. Uno di questi è il sentiero di gola Plima.
Il sentiero di gola Plima in Val Martello
La gola del rio Plima è un’impressionante gola stretta incisa dal rio Plima nel corso dei millenni ai piedi del Monte Cevedale. I fianchi del monte sono quasi verticali e l’acqua fredda e cristallina leviga le sue rocce. Oggi quest’area regala scorci naturali spettacolari, grazie anche al progetto architettonico perfettamente integrato nella natura, commissionato dall’associazione turistica Laces-Val Martello. Quattro punti di osservazione unici per un percorso di cinque chilometri e mezzo da fare in circa un’ora e mezza.
La sensazione è quella di entrare nella natura, non di essere degli spettatori esterni. Il silenzio interrotto dal ruggire potente dell’acqua, il profumo del bosco delle piogge. Qual è il tempo di questo luogo? Forse un eterno presente.
Il progetto architettonico
Il percorso nasce dall’unione e dalle competenze di diversi soggetti.
Heike Pohl, una giovane architetta venostana, con la passione per le forme e la bellezza. Cresciuta a Castelbello, ha studiato architettura a Innsbruck, lavorando ad Oslo e nel Vorarlberg. Nel 2011 apre, insieme ad Andreas Zanier, lo Studio tara a Merano. Con lui condivide l’approccio al progetto, essenziale per soddisfare le esigenze dei committenti. Per Heike il confronto e lo scambio tra generazioni è fondamentale per la crescita.
Per questo progetto lo Studio tara di Heike Pohl ha cooperato con lo studio di ingegneristica Pohl di Laces, il Comune, il Parco naturale, l’Autorità forestale e la Protezione civile (settore bacini). Più attori e diverse competenze. Come dice la stessa Pohl: “Un progetto di questo tipo è realizzabile solo unendo le forze. I progetti in quota sono complessi e richiedono cautela. In caso di danni, il risanamento può richiedere decenni”.
Il progetto è stato realizzato nel totale rispetto dell’ambiente. Quattro piattaforme tra suggestione e vertigine. Una a forma di pulpito, un ponte sospeso, delle postazioni a forma di falce e cazzuola che introducono gli escursionisti lungo il bordo della gola.
La “cazzuola”, primo punto panoramico, vi conduce giù, su gradini sicuri, in mezzo allo scroscio dell’acqua. La “Falce Panoramica“, un balcone semicircolare da cui affacciarsi, permette di godere dell’immensità della valle.



Salendo attraverso il bosco, si trova il “Pulpito Panoramico“. Da qui la più bella predica, quella della natura. Proseguendo l’impetuosa cascata del Rio Plima si apre ai vostri occhi. La potenza delle acque ha scavato letteralmente il paesaggio nella roccia. Il “ponte sospeso” è qui ed è uno dei punti più incredibili di questo meraviglioso progetto architettonico. Percorribile in ogni stagione dell’anno, anche con la neve, vi conduce vertiginosamente dall’altro lato del percorso, attraversando la forza della cascata.



A 5 minuti di cammino si trova il Rifugio Nino Corsi al Cevedale, con 2.256 m di quota il punto più elevato del sentiero. Un luogo intimo, dove osservare le montagne, e spiare il lago Gioveretto da una finestra nel fumo bollente di un gulasch. Da qui si scorge, nella sua interezza, un edificio rosso nel verde, una importante testimonianza del razionalismo italiano, opera dell’architetto Giò Ponti, l’abbandonato ex Hotel Paradiso del Cevedale. Un nome appropriato. La sagoma dell’albergo si riconosce da lontano in mezzo agli abeti. Gio Ponti lo disegna alla metà degli anni ’30. La cura dei dettagli degli arredi, dei colori, dei materiali, il tetto a falda. A causa probabilmente della non attività sciistica della zona arriva un primo fallimento dell’albergo nel 1946, una ripresa nei primi anni ’50 e il definitivo abbandono dopo il 1956.



La Val Martello è come un forziere in fondo al mare, ma sono le montagne a custodirla.
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